“Lo studente è posto al centro dell’azione educativa in tutti i suoi aspetti: cognitivi, affettivi, relazionali, corporei, estetici, etici, spirituali, religiosi. In questa prospettiva, i docenti dovranno pensare e realizzare i loro progetti educativi e didattici non per individui astratti, ma per persone che vivono qui e ora, che sollevano precise domande esistenziali, che vanno alla ricerca di orizzonti di significati”. (MIUR, Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, 2012, p. 9).
Che cosa vuol dire porre lo studente al centro dell’azione educativa? Molto spesso l’indicazione si traduce in un complesso meccanismo per cui l’adulto immagina e tenta di ricostruire contesti fittizi che possano essere interessanti, motivanti, stimolanti per il bambino. Eppure il bambino, o meglio i bambini, intesi come categoria antropologica, sono essi stessi una comunità con propri interessi e una propria cultura. L’osservazione dei consumi culturali dei bambini, spesso ignorati o bollati come sciocchezze dal mondo adulto, permetterebbe invece di sbirciare il mondo nel quale loro abitano, e di constatare che è un mondo fatto di linguaggi e di storie. Sono queste le loro fonti: cartoni animati, fumetti, serie televisive, video di youtube, videogiochi, spesso territori ignorati da noi adulti ma dai quali i bambini traggono spunti per il loro immaginario, strutture narrative e testuali, esempi di usi linguistici che poi noi fatichiamo a riconoscere.
Gli adulti conoscono di sfuggita e tollerano a malapena le varie “mode” editoriali dalle quali si fanno prendere i bambini: ci sono state le epoche di Stilton, del Diario di una schiappa, del più complesso e trans-generazionale (o cross-over che dir si voglia) Harry Potter; epoche che durano, se pensiamo al fatto che alcuni dei volumi della serie di Jeff Kinney e alcuni di quella di J. K. Rowling figurano ancora tra i 10 libri per ragazzi più venduti nel 2023 (rispettivamente nono e primo posto – classifica fino ad agosto 2023). Possiamo permetterci di ignorare questi consumi culturali e di destinare loro solo un’occhiata di sfuggita torcendo il naso? E poi, siamo sicuri che i testi di letteratura di consumo per ragazzi non possano portare niente di utile in campo educativo?
Proviamo ad analizzare più da vicino il fenomeno editoriale di questa estate. Nella classifica dei libri per ragazzi più venduti, e quindi si presuppone più letti, quattro posizioni entro le prime dieci sono occupate dalla serie dei fumetti comici Pera toons (Tunuè editore) di Alessandro Perugini, le cui creature sono seguite sui social da quasi 4 milioni di persone. La serie completa comprende 8 libri, usciti tra il 2019 e il 2023; il libro più venduto (100.000 copie e 3 ristampe tra maggio e agosto 2023) è “Divertimenti” (Tunuè, 2023 – tre ristampe da maggio ad agosto e 100mila copie), e comprende “battute, indovinelli, enigmi trabocchetto, testi, rebus, quiz, sfide visive, prove di logica, freddure e molto altro” (p. 3); a prima vista sembra quindi una sorta di Settimana enigmistica per bambini in formato fumetto. Eppure, a una lettura più attenta, emerge che se è vero che nel fumetto il meccanismo comico si basa sulle immagini o sulla relazione tra immagini e parole, è vero anche che, in questo caso, un’altra buona parte si basa su veri e propri giochi di parole.
Vediamo alcuni esempi tratti da questo best-seller. Il gioco di parole che fa scatenare la comicità a volte prende le mosse da questioni fonologiche di scambio di suoni, come nel caso del dente che dichiara “Oggi sono giù di molare”, dell’anguilla che afferma “Non mi arrabbio mai perché sono tranguilla”, o della mensola che dichiara all’armadio: “Oggi sono a pezzi. Non so se rendo l’Ikea”. In queste battute si gioca sullo scambio di suoni consonantici simili (l/r, alveolari, e K/g occlusive velari, K / d occlusive), difficoltà fonologiche possibili per chi apprende la lingua. In altri casi, il gioco si impernia su un altro errore tipico del primo apprendimento della lingua scritta, la fusione illegale di articolo e aggettivo: un mattoncino di Lego dice a un altro “Pensi solo a te stesso! Legoista!”. Alcuni giochi sono invece più legati alla morfologia delle parole, modificando ad esempio la desinenza: la professoressa di geografia chiede dove si trova il Reno e il personaggio risponde: “Sotto il polmono”.
Il gruppo più ampio di battute riguarda però questioni di lessico e di formazione delle parole. Vediamo ad esempio la battuta che fa il biscotto al latte: “Ti amo doppiamente. Sono bis-cotto di te”, dove il gioco lessicale è doppio: la scomposizione etimologica della parola in prefisso e radice e l’evocazione di un modo di dire nel quale si utilizza la parola senza prefisso (essere cotti di qualcuno significa essere innamorati). Ancora sulla composizione delle parole vediamo la battuta che un maialino fa al cavallo, diventato zio il primo giorno di primavera: “Wow! Allora sei diventato un equino-zio”, questa volta individuando un falso composto, come in “ra-gazza” detto dalla gazza che presenta alla madre la sua fidanzata, o nel maialino “mai-a-letto” che non dorme mai, posto in copertina del libro. Altri esempi sono le neo-composizioni, come il “panze-rotto” che grazie a un cerotto diventa un “panzeaggiustato”. Ancora sul lessico, è da segnalare la presenza anche di lessico tecnico scientifico, nella vignetta in cui la cellula chiede al barbiere “mitosi”.
Altre battute giocano con parole omografe che appartengono a diverse categorie grammaticali e hanno diverso significato, come nel caso di “Aiuto… casco!” pronunciato da un personaggio aggrappato a un muro rivolgendosi a un casco da moto, che vuol dire sia “aiuto sto cadendo” che “aiutami, casco”, oppure nella vignetta in cui il cielo è “sgombro” dalle nuvole ma occupato dal disegno di un enorme pesce.
In altri casi il gioco si regge sull’interpretazione letterale o metaforica di un modo di dire, come nella vignetta in cui una bottiglia guida la macchina e avvisa al telefono: “Arriverò tardi… sono imbottigliata nel traffico!”, oppure ancora nel cugino che “fa i salti mortali per arrivare a fine mese”, dove non si intende che guadagna poco ma che lavora al circo.
Oltre ai numerosi esempi di giochi linguistici, la lingua che viene usata nel libro si può dire genericamente semplice e quotidiana, in quanto gran parte del libro è costituito da fumetti e quindi da dialoghi. È possibile trovare però anche una debole traccia di linguaggio giovanile (la Terra si rivolge al Sole chiamandolo “Bro” che sta per brother, fratello in inglese), di italiano contemporaneo (cosa interrogativo non introdotto da che), di plurilinguismo: nei giochi con le parole inglesi (un pesce si fa un “selfish”, un sasso che suona la chitarra è una “rock-star”), nelle parole in cui l’italiano si mescola con l’inglese (“Cosa fa una stella che ha il raffreddore?”, “Ma è logico… star-nutisce!”), nel rebus che prevede come soluzione addirittura una massima latina (carpe diem). Sempre osservando la varietà della lingua usata, si trova anche traccia di un lessico più ampio (“Volevo una dimora con le pareti tonde”) e l’uso di qualche pronome desueto: “Per non essere giustiziati uno tra di loro deve dire il colore del proprio cappello. Se questi sbaglia, tutti saremo giustiziati”.
Soprattutto stupisce, forse perché appare quasi poco credibile nel contesto, l’uso standard dei modi verbali, di forme passive, di alcuni periodi dalla sintassi complessa: “È possibile che Kenny riesca a trasportare tutto senza che niente venga mangiato”; “Sì, il carabiniere ha fatto bene ad arrestare Pera perché quest’ultimo sapeva dove fosse la scena del crimine senza che l’agente glielo avesse detto”. Quando cambiano gli interlocutori delle diverse scene assistiamo anche a un cambio di registro, ad esempio nelle vignette in cui il dottore e il paziente si danno del lei.
Come abbiamo visto con questa rapida carrellata, il libro offre numerosi spunti per un’ampia varietà di temi di riflessione sulla lingua: fonologia, morfologia, lessico e formazione delle parole, uso dei modi verbali, sintassi, registri linguistici. Ma anche, da una prospettiva di analisi del testo, potrebbe offrire spunti per riflettere sul meccanismo del testo comico, sulle sue strutture e i suoi ritmi.
Si è detto che analizzare un testo a scuola rovini agli alunni il piacere di leggerlo, questo può essere vero, ma un testo di letteratura di consumo, che non ha in alcun modo la pretesa di passare per testo letterario, è forse fatto per essere usato e usarlo anche a scuola potrebbe non essere un torto troppo grande. Se rischieremo di sacrificare il piacere di leggere i Pera toons (o invece lo condivideremo con i nostri alunni?) conserveremo invece con cura il messaggio che i bambini ci consegnano avendo scelto, in così tanti, di leggere un testo di barzellette: il loro bisogno di testi umoristici. Potremo allora sfruttare questo avvio per accompagnarli pian piano ad altri testi umoristici, partendo magari proprio da fumetti, questa volta celebri e celebrati, come Calvin & Hobbes di Bill Watterson o i Peanuts di Charles Schulz, tanto amati da Umberto Eco. Potremo poi passare ad altre forme di comicità meno disegnata e più scritta, ad esempio con l’esilarante Il trattamento ridarelli di Roddy Doyle, nel quale la complessa struttura narrativa, la paradossale non coincidenza tra tempo dell’azione e tempo del racconto, la presenza di commenti meta-narrativi rivolti al lettore sono fattori che lo rendono un librino degno di un saggio di narratologia.
In conclusione, il consiglio agli adulti è quello di provare a leggere con sguardo attento quello che leggono bambini e ragazzi: vi troverete molto di più di quanto non pensiamo, entrerete nel mondo degli interessi dei vostri alunni e avrete un serbatoio di esempi dai quali poter partire per le vostre esplorazioni linguistiche, testuali e letterarie.