Non è facile andare d’accordo

Da insegnante di italiano L2, mi trovo spesso a lavorare con bambini e ragazzi che, anche dopo diversi anni, pur riuscendo a comunicare in italiano, non riescono ancora a controllare gli accordi all’interno del sintagma nominale (concordanza di genere e numero tra articoli, aggettivi e nomi, ma anche scelta corretta della forma dell’articolo) o all’interno della frase (accordo soggetto-verbo). Sono generalmente alunni con un’ottima competenza passiva della lingua, con un discreto bagaglio lessicale, ma con una forma che “va un po’ dappertutto”, come dico io amorevolmente. In alcuni casi questi studenti hanno anche ricevuto lezioni di grammatica esplicita sui temi più ostici, ma faticano a controllare questi aspetti e ad autocorreggersi, sia nell’orale che nello scritto.

Sono numerosi gli studi sulle sequenze di acquisizione dei fenomeni di accordo e osservando bene i miei studenti, ritrovo in essi molte delle caratteristiche evidenziate in questi lavori (per una sintesi rimando a Chini M., Ferraris S. 2003 in Verso l’Italiano, a cura di Anna Giacalone Ramat). Come insegnante mi sono spesso chiesta come sia più giusto procedere, perché se è doveroso riconoscere gli “errori” come normali tappe nel processo di acquisizione (“L’errore è parte integrante del processo di apprendimento di una lingua e come latore di importanti informazioni mostra le strategie messe in atto dall’apprendente per superare le difficoltà di comunicazione”, Pallotti G., Zedda G. 2006), è altrettanto necessario fornire agli studenti gli strumenti per avvicinarsi nel miglior modo possibile alla lingua target.

Dopo aver corretto decine di quaderni, usando anche colori diversi e segnali di rinforzo positivo in prossimità di accordi rispettati, sono arrivata alla conclusione che è necessario aumentare la consapevolezza linguistica: si tratta di aiutare i nostri studenti ad “orientare lo sguardo” sugli aspetti formali e insegnare loro che possono riconoscere delle regolarità e operare delle scelte anche di fronte ad elementi non noti (per un approfondimento sulle strategie didattiche più efficaci per insegnare la morfosintassi del sintagma nominale italiano, rimando a Della Putta P. Visigalli M., 2010).

L’attività

L’attività che descriverò ha come focus l’accordo tra articolo e nome (per un approfondimento sulle problematiche acquisizionali legate all’articolo, rimando a Chiapedi N., 2010). Per lavorare su questo argomento evitando di cadere su esercizi visti e rivisti, ho deciso di lavorare su coppie articolo + parola inventata. Le parole inventate sono parole che rispettano la fonotassi dell’italiano, sono cioè parole possibili, ma non esistono.

Dopo aver ripassato le forme e la distribuzione degli articoli determinativi, ho diviso il gruppetto di studenti (6 studenti di prima media, 4 con il profilo descritto all’inizio del post e due neoarrivati; gli studenti neoarrivati sono stati affiancati ad uno studente con un livello più avanzato) e ho consegnato loro dei cartoncini sui quali erano scritte queste parole inventate: sconfolo, ebbo, pone (singolare), alota, nomole (plurale), spatici, zalla, banafa, zondolo, unoni, cocolo, cavole (singolare), itole (plurale), avini (plurale). Lo scopo dell’esercizio era trovare l’articolo determinativo adatto per le parole date e scriverlo su dei piccoli foglietti adesivi da attaccare davanti al nome. Ho specificato che dovevano trattare queste parole come nomi regolari, senza ipotizzare eccezioni come quelle incontrate durante le lezione (avevamo trattato, ad esempio, la mano e il cinema).

Appena iniziato il lavoro, la prima reazione di molti è stata quella di chiedere “Che cosa vuol dire sconfolo?”. Nonostante avessi spiegato che avrebbero lavorato su parole inventate, è stato difficile accettare di non avere un significato a portata di mano e soprattutto di non poter utilizzare quel significato per scegliere l’articolo adatto. Vinta questa prima resistenza, i ragazzi si sono avviati e hanno completato l’esercizio. La correzione è poi avvenuta in plenaria, il che mi ha permesso, in caso di soluzioni diverse, di invitare gli studenti a difendere la loro posizione (Che cosa ti ha fatto scegliere il e non la? Ha ragione J. che ha scelto lo o F. che ha scelto il? Come facciamo a decidere?).

La presenza in classe di un cartellone con una sintesi delle regole ha reso possibile richiamare costantemente gli esempi reali ai quali ricondurre le parole inventate (sconfolo finisce con la -o come bambino, quindi è maschile, ma inizia come scorpione, quindi dobbiamo mettere lo).

Un esercizio di questo tipo costringe ad osservare le forme e a porre in secondo piano i contenuti. Ovviamente non va proposto ad un gruppetto di soli alunni neoarrivati, che hanno in primis bisogno di imparare il vocabolario, ma può diventare uno strumento utile per gli studenti che dispongono di un discreto vocabolario di base e non riescono a mettere a fuoco aspetti squisitamente formali.

Considerazioni finali

Da sola l’attività non è stata risolutiva dei problemi, ma ha permesso di affrontare l’argomento articoli da un altro punto di vista, aggirando quindi l’effetto del “già noto” che inibisce l’attenzione di molti studenti. Anche la dimensione iniziale del gioco (foglietti adesivi e cartellini) è stata utile per accedere all’argomento grammaticale con minori resistenze.

Abbiamo infine concluso la lezione con un’attività creativa; questa la consegna:

Scegli tre parole e pensa a cosa potrebbero essere. Poi descrivile seguendo le domande.
Se è una cosa… Che cos’è? Dove si trova? A che cosa serve?
Se è una persona… Chi è? Dove vive? Che cosa fa?

Siamo quindi tornati alla dimensione del significato e della fantasia.
Per casa, invece, ho assegnato degli esercizi di rinforzo sugli articoli determinativi, questa volta con parole appartenenti al vocabolario italiano.