Dove gli schemi mancano: il testo espositivo
Nell’articolo precedente avevamo posto in luce il ruolo degli schemi nel supportare le attività della mente, considerando l’incidenza del tipo testuale in questo processo, in particolare del testo narrativo, dove le operazioni della comprensione sono guidate da uno schema noto: la ricerca e l’individuazione di uno o più personaggi, delle loro azioni, degli scopi per cui le compiono.
Qui consideriamo il testo espositivo, forse il più importante didatticamente per la sua massiccia presenza nei manuali scolastici e forse il più difficile per diverse ragioni: in primo luogo (come il testo argomentativo) perché tratta concetti astratti, non oggetti o persone, poi perché non presenta uno schema forte che aiuti a gerarchizzarne le informazioni.
Per individuare la macrostruttura di un testo espositivo è fondamentale affidarsi alla sua scansione in parti testuali, segnalata talvolta dai capoversi che, sul piano tematico, rappresentano i topic (o temi) secondari, nei quali si articola e sviluppa il topic centrale.
Si procederà dunque, come per gli altri tipi di testo, dalle microstrutture alla macrostruttura, attribuendo però maggior importanza al livello intermedio del testo, la sua gerarchia non essendo segnalata da uno schema individuabile attraverso operazioni top down, ma dai sotto-temi e dalle relazioni logiche tra questi, ossia dai movimenti testuali.
Sulla scorta di Ferrari 2017 (Ferrari A., 2017, Linguistica del testo. Principi, fenomeni, strutture, Roma, Carocci) intendiamo con movimenti testuali (MT) delle sequenze unitarie dal punto di vista tematico e logico-compositivo, che spesso, ma non sempre, sono segnalate dai capoversi, e che hanno una loro strutturazione identificabile, corrispondente a un topic secondario del testo.
Esemplifico con un box tratto da un manuale di storia. (Cantarella, Guidorizzi, Le tracce della storia, 2011, Einaudi scuola). Si tratta di un testo graficamente compatto, senza capoversi. Mia la suddivisione in 4 MT (Fig. 1).
Il topic centrale del testo può venir rappresentato dal titolo, nel quale manca la specificazione che si tratta del sistema onomastico romano, informazione che si ricava facilmente dalle prime parole del testo oltre che dalla sua collocazione all’interno di un manuale di storia.
I movimenti testuali e le idee centrali
Il primo lavoro da proporre sarà di individuare delle parti di testo che diano un’informazione unitaria, che presentino cioè dei topic secondari (sotto-temi) e di segnalarle attraverso uno slash (Fig. 1).
Una volta identificate e contrassegnate le parti (i MT), cerchiamo di far individuare agli studenti le idee centrali, che potrebbero essere:
- Il sistema onomastico maschile prevedeva almeno tre nomi
- Il sistema onomastico femminile prevedeva solo due nomi (non era previsto il nome personale)
- Delle donne perbene si doveva parlare poco e non pronunciarne il nome
- Lo storico Finley afferma che i romani non consideravano la donna come individuo
Per identificare le quattro idee centrali ci serviamo dell’aspetto tematico supportato da quello logico-compositivo. Infatti gli enunciati che compongono ciascun MT presentano una gerarchia che, se individuata, ci porta all’idea centrale: uno degli enunciati è il principale, mentre gli altri servono da appoggio, sono subordinati semanticamente.
Ad esempio, nel terzo MT, dopo la domanda che lo collega al precedente, gli altri cinque enunciati costituiscono un insieme organizzato gerarchicamente: il primo e il secondo (legati da una relazione di aggiunta), costituiscono l’idea centrale in quanto sovraordinati agli altri enunciati che sono, nell’ordine: una consecuzione, una specificazione (e, insieme, motivazione) e un’esemplificazione.
La gerarchia tra movimenti testuali
Si tratta ora di compiere un passo ulteriore: i MT non rappresentano solo dei sotto-temi, ma ciascuno di essi svolge una funzione specifica all’interno del testo, essendo legato agli altri da una relazione logico-compositiva.
Lo schema che segue rappresenta le relazioni e la gerarchia tra i MT, ciascuno rappresentato dall’ idea centrale.
Il primo MT è collegato al secondo attraverso una relazione di opposizione, nella lingua di superficie segnalata dal connettivo “però” all’inizio del secondo MT.
Il secondo MT è collegato al terzo attraverso una relazione di motivazione. In questo caso la connessione viene espressa linguisticamente da una domanda (“Come spiegare questa riluttanza dei romani a dare un nome alle donne?”) che, oltre a riassumere in una parola incapsulatore (“riluttanza”) il MT precedente, indica esplicitamente la relazione logica con la presenza del verbo “spiegare”. Il quarto MT funge da conclusione di tutto il testo (segnalata dal connettivo “infine”), portando un’altra motivazione attribuita ad uno storico.
Le relazioni logico-compositive individuate mettono in luce la gerarchia del testo (qui rappresentata dalla direzione delle frecce): se i primi due MT sono allo stesso livello comunicativo (freccia a due punte), il testo si sviluppa però a partire dal secondo con una motivazione e una conclusione. La motivazione è gerarchicamente ad un livello inferiore rispetto all’affermazione che motiva, mentre la conclusione è importante in quanto chiude un testo al livello della dispositio, ma dal punto di vista logico si serve di una motivazione aggiuntiva, di carattere interpretativo.
Se, a questo punto, volessimo riassumere il testo, non dovremmo solo servirci delle idee centrali, ma anche della gerarchia e dei legami logici: le idee più importanti sono la seconda (da cui si sviluppa il resto del testo) e la quarta che lo conclude, ma anche la prima e la terza hanno una loro rilevanza. Saranno lunghezza e scopo del riassunto che ci faranno operare delle scelte, tenendo conto della gerarchia individuata. Dovranno inoltre venir rappresentate attraverso mezzi linguistici (o facili da inferire) le relazioni del testo di partenza (opposizione, motivazione, altra motivazione/conclusione).
I riassunti
Proviamo a scrivere un riassunto che utilizzi idee centrali e relazioni seguendo l’ordine del testo di partenza:
Scriviamo ora un riassunto che cambi l’ordine del testo di partenza: in questo caso anche le relazioni logiche cambieranno:
Nel primo riassunto le relazioni logiche sono le stesse del testo di partenza, e sono segnalate da adeguati connettivi o frasi-collegamento.
Nel secondo testo rimane la relazione di opposizione, ma si procede dal generale al particolare, cioè dalla definizione alla specificazione, segnalata da “ne è prova il fatto…”
In conclusione possiamo riprendere l’affermazione iniziale: insegnare a riassumere un testo espositivo prevede un percorso parzialmente diverso dagli altri tipi di testo. È necessario puntare più analiticamente al livello intermedio (la divisione in MT, l’idea centrale di ciascuno, le relazioni logiche e la gerarchia interna ai MT e tra MT), costruendo così uno schema globale del testo valido però solo per quello specifico testo, non generalizzabile.
La didattica
Una nuova pedagogia non consiste solo in un modello di analisi più raffinato, ma soprattutto nel trovare il modo di trasmetterlo. Parafrasando Lo Duca (M. G. Lo Duca, Grammatica valenziale, certo! Ma come?) solo il far ricorso alla competenza implicita degli studenti può renderli attivi nell’apprendimento.
Nulla più della comprensione di un testo è un procedere per tentativi ed errori ed è passaggio fondamentale l’individuazione degli errori anche attraverso un confronto con gli altri il più possibile libero emotivamente. Non sembra utile ottenere un’adesione a una “spiegazione” precostituita, che sciolga ex cathedra le criticità del testo, ma mettere in luce tali criticità attraverso strumenti diversi non utilizzati a fini valutativi, ma formativi. Soprattutto sarà necessario un atteggiamento di sostegno, di affiancamento, per aiutare a risolvere le difficoltà individuate il più possibile dagli studenti stessi, sollecitati da dubbi esposti dagli altri studenti o fatti sorgere dall’insegnante.
Stiamo pensando, in conclusione, a un ambiente di tipo laboratoriale, che consenta di isolare e sciogliere i nodi del testo. In alternativa, come osserva Lo Duca, anche la scelta di un nuovo modello diventerà un fatto non significativo: non sarà una scoperta degli studenti di fronte a uno squilibrio cognitivo, ma solo un nuovo contenuto per una didattica trasmissiva, vero problema della scuola italiana, non diversamente dagli anni ’70, quando De Mauro denunciava la “pedagogia tradizionale”.