(leggi la domanda di Maria G. Lo Duca e la parte prima della risposta di Prandi)
Sintassi e prosodia, frase ed enunciato
Quando parliamo di sintassi, pensiamo alla frase modello, e non all’enunciato come si presenta in un testo. Davanti a un enunciato come È arrivato, ad esempio, non concludiamo che la frase modello italiana non ha il soggetto, ma che l’enunciato è autorizzato a lasciarlo cadere per ragioni di dinamismo comunicativo, come per esempio nella sequenza Hai visto Luciano? È appena arrivato. Nei testi non troviamo frasi modello ma enunciati: l’enunciato è un equivalente funzionale della frase; la frase è il modello dell’enunciato.
Le definizioni standard dei segni di punteggiatura come quella di Ferrari e Zampese citate da Maria Pia Lo Duca valgono ovviamente per la frase modello, e si estendono all’enunciato se e solo se quest’ultimo si allinea alla struttura della frase modello. Nella frase modello, il punto fermo segnala una pausa forte che vale come confine di frase, mentre la virgola segnala una pausa debole che vale, nei casi più tipici, come confine di unità comunicativa interna a una frase. Nella frase Ieri sera, alla fine, Mario è partito per Dublino, una pausa forte, segnalata da un punto fermo, marca il confine di enunciato, mentre due pause deboli, segnalate dalle virgole, marcano un confine tra unità comunicative. Ieri sera e alla fine sono unità comunicative autonome che però, dal punto di vista sintattico, sono integrate nella stessa frase modello alla quale appartiene il nucleo Mario è partito per Dublino. Nel nostro esempio la prosodia dell’enunciato, così come è riflessa dalla punteggiatura conformemente alle norme standard, rispetta la struttura grammaticale della frase modello. Possiamo parlare di una struttura prosodica non marcata.
Nell’enunciato, tuttavia, la struttura sintattica e la struttura prosodica, come tutte le strutture autonome l’una dall’altra, possono non solo sovrapporsi ma anche entrare in conflitto: avremo, in questo caso, una struttura prosodica marcata.
In linea teorica, una struttura prosodica può essere marcata per due ragioni opposte: o perché introduce pause forti all’interno di un enunciato o perché separa con pause deboli due enunciati, e quindi due strutture sintattiche indipendenti. Se nel testo scritto rispettiamo le convenzioni grafiche, nel primo caso troveremo uno o più punti fermi o punti e virgola, magari accompagnati da un a capo, all’interno di un enunciato, mentre nel secondo caso separeremo due enunciati con una virgola. Se ragioniamo in termini funzionali, tuttavia, le due opzioni non sono sullo stesso piano.
L’introduzione all’interno di un enunciato di una pausa forte, che corrisponde al valore convenzionale del punto o del punto e virgola, ha una giustificazione funzionale evidente in termini di prospettiva comunicativa: moltiplicando le unità comunicative, moltiplica i fuochi, e quindi aumenta il tasso di rilievo comunicativo. Osserviamo un esempio.
L’enunciato Faccio come dici tu, ma non mi hai convinto ha una prosodia non marcata, in quanto le due frasi coordinate sono separate da una pausa debole. La frase complessa contiene due unità comunicative ma un solo fuoco informativo, che cade su convinto.
L’enunciato Faccio come dici tu. Ma non mi hai convito ha una prosodia marcata: la pausa forte segnalata dal punto fermo attiva, oltre al fuoco su convinto, un secondo fuoco su tu. Il messaggio è più incisivo. Nell’esempio seguente, il punto e l’a capo segnalano una pausa fortissima tra la frase principale e ciascuna delle subordinate:
Questo matrimonio non s’ha da fare.
Perché Renzo è un pezzente.
Perché Lucia la voglio io.
E perché io decido quello che voglio.
Di nuovo, si moltiplicano i fuochi. Ma la domanda è: il fatto che ci siano più fuochi implica che ci siano più enunciati, e quindi più frasi modello indipendenti? Ovviamente no. La prosodia risponde a ragioni di prospettiva comunicativa che sono eccentriche rispetto alle ragioni che regolano le strutture della sintassi. Un caso estremo di prosodia marcata rientra in una funzionalità estetica: si tratta dell’enjambement in poesia, dove l’a capo non si limita a inserire una pausa forte tra due costituenti ma può spezzare un costituente. Nell’esempio seguente, di Cavalcanti, separa il complemento oggetto dal verbo:
Era in penser d’amor quand’i’ trovai
due forosette nove
Un esempio altrettanto estremo è la recitazione brechtiana, che allo stesso modo, nell’orale, spezza i costituenti con pause forti.
La separazione di due enunciati indipendenti con una pausa debole, che corrisponde al valore convenzionale della virgola, sembra viceversa non presentare vantaggi funzionali. Prendiamo la trascrizione di un mio esempio proposta da Maria Pia, che sostituisce il punto fermo con una virgola: Il föhn ha soffiato tutta la notte, la neve si è sciolta. Maria Pia mi chiede esplicitamente come chiamerei una struttura del genere. Io, senza esitare, la chiamerei giustapposizione, e quindi testo, perché i due enunciati sono palesemente non connessi sul piano grammaticale.
La domanda pertinente, semmai, dovrebbe essere: ma perché usare la virgola per separare due enunciati indipendenti? Se la virgola è funzionale, il suo uso implica che separiamo gli enunciati con una pausa debole. Ma qual è il vantaggio funzionale di una pausa debole tra due enunciati giustapposti? Io, francamente, non riesco a immaginarne uno. L’uso della giustapposizione invece della coordinazione è coerente se vogliamo introdurre una pausa forte tra i due enunciati, ciascuno dei quali culmina con un fuoco. A questo punto, l’uso di una pausa debole, riflessa nella virgola, vanifica il vantaggio funzionale della scelta: in effetti, se rispettiamo non solo le convenzioni grafiche ma anche la funzione della scelta di giustapporre due enunciati indipendenti, è coerente separarli con un punto fermo o con un punto e virgola. È questa la ragione per cui non uso mai la virgola in casi come questo, e in particolare prima di un avverbiale anaforico: insomma, non scriverei mai Il föhn ha soffiato tutta la notte, quindi la neve si è sciolta. Per la stessa ragione, sconsiglio di usarla agli studenti. Comunque sia, la presenza di una virgola o di un punto non cambia la struttura sintattica: la virgola è uno strumento della prosodia; non è una congiunzione, cioè uno strumento di collegamento grammaticale.
Quello che ho scritto ha un’implicazione metodologica importante. Alla fine della sua lettera aperta, Maria Pia si chiede:
Insomma, delle due l’una: o ci arrendiamo all’esistenza di casi difficilmente etichettabili, di confine, oppure bisognerà ripensare alla linea di confine, e chiederci se per caso manchi ancora qualcosa alla descrizione.
Io non mi arrendo mai all’esistenza di casi difficilmente etichettabili. Prima di farlo, comunque, mi farei sempre una domanda: siamo sicuri che la difficoltà di etichettatura non sia dovuta a un errore di percezione? Quando ci sembra che il mare si confonda con il cielo, per intenderci, prima di mettere in dubbio il confine tra cielo, dove si vola, e il mare, dove si nuota e si naviga, è sensato chiederci se il problema non sia la nostra visione.
Come mostra l’analisi precedente, i «casi difficilmente etichettabili» sono quasi sempre la conseguenza di un errore di prospettiva nell’analizzare realtà complesse multifattoriali, cioè regolate da più fattori indipendenti. Se facciamo coincidere i due fattori, dimenticando che sono indipendenti, è inevitabile che alcuni fenomeni appaiano chiari e distinti, mentre altri sembrano «difficilmente etichettabili». Nel caso particolare, se dimentichiamo che la prosodia è al servizio del dinamismo comunicativo e non della connessione sintattica, troviamo chiari i casi nella cui struttura i due fattori si sovrappongono, e ibridi i casi nella cui struttura i due fattori si dissociano. Riconosceremo quindi un caso chiaro di coordinazione in Il föhn ha soffiato tutta la notte e la neve si è sciolta, un caso chiaro di giustapposizione in Il föhn ha soffiato tutta la notte. La neve si è sciolta e in Il föhn ha soffiato tutta la notte. Per questo la neve si è sciolta, mentre ci appariranno come casi indecidibili, un po’ coordinazione e un po’ giustapposizione, sequenze come Il föhn ha soffiato tutta la notte. Ma la neve non si è sciolta, Il föhn ha soffiato tutta la notte, la neve si è sciolta e Il föhn ha soffiato tutta la notte, per questo la neve si è sciolta.
Se viceversa teniamo conto dell’autonomia e della diversa funzione della struttura sintattica e della prosodia, le distinzioni si illuminano. In Il föhn ha soffiato tutta la notte. Ma la neve non si è sciolta, il punto non separa due enunciati e quindi due frasi modello, come la virgola non fonde sul piano grammaticale due enunciati distinti in Il föhn ha soffiato tutta la notte, per questo la neve si è sciolta. Insomma, se teniamo conto di entrambi i fattori indipendenti, non sarà difficile accettare il fatto che una pausa debole (o una virgola) non basta a unire sul piano grammaticale due frasi indipendenti, così come una pausa forte (o un punto) non basta a spezzare un’unità grammaticale.