Premesse
Questo articolo vorrebbe condividere una proposta per il supporto didattico a quegli alunni che cominciano il percorso di lettura e scrittura alla scuola primaria con fragilità iniziali. Si tratta di interventi laboratoriali di potenziamento, che potrebbero essere offerti al piccolo gruppo in orario di compresenza, qualora necessario, che non vanno ad incidere sul metodo di insegnamento della lettura e della scrittura, che rimane sempre una libera scelta di ciascun insegnante; non si intendono in sostituzione ad approcci più globali e meno sistematici, ma potrebbero, tuttavia, porsi in parallelo e contribuire all’offerta didattica in generale.
Il mio punto di riferimento sono le Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento (allegate al Decreto Ministeriale 12 luglio 2011). Vorrei scendere nello specifico di alcune affermazioni dettate dal documento, perché sono state incisive nel guidare le scelte didattiche da me esperite sul campo e qui condivise. Nel capitolo 2, titolato Osservazione in classe viene precisato, innanzitutto, che si assegna alla capacità di osservazione degli insegnanti “un ruolo fondamentale, … nei primi segmenti dell’istruzione – scuola dell’infanzia e scuola primaria – per il riconoscimento di un potenziale disturbo specifico dell’apprendimento … Non necessariamente si deve ricorrere a strumenti appositi, ma può bastare, almeno in una prima fase, far riferimento all’osservazione delle prestazioni”.
Al capitolo 6, dal titolo Chi fa che cosa, troviamo, poi, un diagramma molto chiaro, riportato di seguito, che esemplifica i doveri della scuola nei confronti dei “casi sospetti” identificati.
Gli interventi laboratoriali di cui tratta questo scritto tentano di porsi in coerenza con quanto lo schema suggerisce nei primi due riquadri a sinistra, sotto l’elenco dei doveri della scuola. Le Linee guida parlano di “attività di recupero didattico mirato” in seguito all’ “identificazione precoce dei casi sospetti”. In classe prima possiamo cominciare a identificare solo dei fattori di rischio, dei Bisogni Educativi Speciali, in quanto una diagnosi precisa non può che avvenire alla fine della seconda.
Leggiamo al capitolo 4 del documento:
“Come è noto, la diagnosi di DSA può essere formulata con certezza alla fine della seconda classe della scuola primaria. Dunque, il disturbo di apprendimento è conclamato quando già il bambino ha superato il periodo di insegnamento della letto-scrittura …”
A questo punto il documento invita ad una sensibilizzazione importante continuando con queste affermazioni:
“Ma è questo il periodo cruciale e più delicato … Se, ad esempio, in quella classe si è fatto ricorso a metodologie non adeguate, senza prestare la giusta attenzione alle esigenze formative ed alle ‘fragilità’ di alcuni alunni, avremo non soltanto perduto un’occasione preziosa per far sviluppare le migliori potenzialità di quel bambino, ma forse avremo anche minato seriamente il suo percorso formativo”.
Il passaggio che dichiara quanto i primi passi nell’apprendimento della lettura e della scrittura siano cruciali e delicati per i bambini “fragili” richiama quanto esplicitato dal neuroscienziato Dehaene in Imparare. Il talento del cervello, la sfida delle macchine (Raffaello Cortina Editore, Milano, 2019) in merito alle aree sensoriali (uditive e visive) coinvolte nel processo di lettura e scrittura, da stimolare necessariamente entro “periodi sensibili”. Tali affermazioni hanno avuto su di me una risonanza altissima. Questo, forse, perché, oltre ad essere un’insegnante di italiano, sono anche mamma di una bambina con Bisogni Educativi Speciali, che riversa sulla scuola aspettative importanti; e di conseguenza, sente forte il senso di responsabilità verso esigenze speciali.
Il capitolo 2 delle Linee guida sopra citate ci sottolinea che “le ricerche … rilevano che circa il 20% degli alunni (soprattutto nel primo biennio della scuola primaria), manifestano difficoltà nelle abilità di base coinvolte dai Disturbi Specifici di Apprendimento. Di questo 20%, tuttavia, solo il tre o quattro per cento presenteranno un DSA. Ciò vuol dire che una prestazione atipica solo in alcuni casi implica un disturbo”.
Pertanto, rimane quel 16-17% circa di alunni che necessitano di quelle “attività di recupero didattico mirato “ di cui parla il documento.
Dentro la didattica
Partendo dalle premesse sopra esplicitate, nel compiere i primi passi nel mondo di lettere e parole abbiamo scelto di affiancare il percorso di insegnamento di lettura e scrittura con attività laboratoriali, che permettessero sia di individuare precocemente gli alunni più fragili sia di stimolare le aree uditive e visive, che sappiamo essere coinvolte nei primi processi di apprendimento della lettura e della scrittura. Ribadisco che tali laboratori si sono posti in parallelo alle attività di classe di più ampio respiro, in aggiunta, e sono sati attuabili solo grazie a compresenza.
Le famiglie dei bambini identificati come “casi sospetti” sono state attenzionate e invitate a procedere anche nella ricerca di percorsi specialistici extrascolastici.
I laboratori fonologici
Leggiamo nel paragrafo 4.2 delle Linee guida citate:
“È opportuno effettuare attività fonologiche nell’ultimo anno della scuola dell’infanzia e nella prima e nella seconda classe della scuola primaria. Si potrà dedicare ogni giorno una parte dell’attività didattica ad esercizi fonologici all’inizio delle attività o tra un’attività e l’altra, o quando c’è bisogno di recuperare l’attenzione, a classe intera o a piccoli gruppi, con chi mostra di averne bisogno”.
Per stabilizzare la conversione fonema-grafema, ci siamo soffermati in attività che sono partite dall’osservazione degli errori di tipo fonologico commessi dai bimbi individuati come destinatari del laboratorio (si fa riferimento alla classificazione tipologica degli errori in Tressoldi e Cornoldi, Batteria per la valutazione della Scrittura e della Competenza Ortografica nella Scuola dell’obbligo, OS, Firenze, 1991). Senza assolutamente stigmatizzare l’errore, abbiamo tentato un percorso per rendere gli alunni attivi e padroni del proprio processo di apprendimento e favorire i processi metacognitivi utili all’autocorrezione. Sono risultati proficui giochi sulle abilità percettivo-uditive e fono-articolatorie dei fonemi via via oggetto d’interesse. Nel caso di scambio di grafema tra consonanti sorde/sonore (p/b, t/d, f/v, c/g…), per esempio, abbiamo lavorato sulla percezione della sonorità appoggiando la mano sul collo per avvertire la vibrazione delle corde vocali, assente nel caso di fonemi sordi. Coinvolgenti sono state le immagini con “l’alfabeto faccettato”, che dà enfasi alla posizione della bocca per la pronuncia di ciascun fonema (tratto da Emma Perrotta e Marina Brignola, Giocare con le parole. Training fonologico per parlare meglio e prepararsi a scrivere, Erickson, Trento, 2000). Parallelamente abbiamo avviato attività metafonologiche, soprattutto volte alla ricerca di parole con il fonema iniziale richiesto (tratte da Angela Silvestri, Laboratorio metafonologia. Giochi e attività per l’avviamento alla letto-scrittura, Erickson, Trento, 2016). Nell’Introduzione al testo appena citato, a pag. 7 leggiamo:
“È un percorso da svolgere con gruppi di bambini: non è individuale e non è riabilitativo, ma si occupa degli apprendimenti scolastici”.
I laboratori sulla forma delle lettere
Anche in merito alla forma delle lettere, le Linee guida danno indicazioni utili. Nel paragrafo 4.2 cogliamo un orientamento a curare il livello visuo-percettivo, accanto a quello fonologico:
“Solitamente, nei comuni alfabetieri murali o nei libri di testo, non si ha cura di tale associazione tra il suono, il segno grafico e l’immagine relativa (es. effe di fata o emme di mela): il nesso è soltanto fonetico, e dunque abbastanza debole: l’associazione mentale non è intuitivamente ovvero immaginativamente ripercorribile”.
Poiché abbiamo rilevato fragilità a livello visuo-percettivo per alcuni alunni delle nostre classi, abbiamo organizzato laboratori per costruire il nostro alfabetiere murale. Per la scelta della parola target da associare a ciascuna lettera, i bambini hanno attivato sia il livello fonologico (la lettera fa riferimento all’iniziale di quella parola target) sia il livello visivo (la lettera condivide la stessa forma dell’immagine di riferimento). L’idea è stata quella di curare, oltre all’aspetto fonologico, l’associazione tra la forma della lettera e un’immagine che riproducesse nell’oggetto rappresentato quella stessa forma.
I bambini sono diventati abili nel soddisfare i criteri richiesti. Hanno lavorato in gruppo in laboratori pittorici e artistici per trasformare in autonomia e in modo creativo la T in un tavolino, una L in una luna, la B in bolle o bocce, la F in una fata o farfalla, dove i due tratti orizzontali potessero richiamare delle ali, la S in un serpente, la V in un vaso o in un ventaglio e così via. Sono partiti dallo stimolo visivo fornito dalla lettera tracciata o stampata in grande su un A4 e sono stati sollecitati a prestare attenzione alla caratteristica pittorica della lettera effettuando la scelta tra varie parole con quella lettera iniziale.
Anche nella fase ortografica abbiamo proceduto, in parallelo al potenziamento fonologico, alla realizzazione dei cartelli murali relativi alle stringhe ortografiche via via affrontate. La proposta ha avuto lo scopo di sviluppare l’analisi visiva ed imprimere in memoria lo schema di lettere oggetto di interesse, come unità sillabica. Per esempio, per SCI abbiamo scelto l’immagine di una scimmia, dove sulla coda abbiamo posizionato la S, nel corpo la C e un lungo bastone verticale tenuto dalla scimmia ha accolto la I. Per GLI abbiamo disegnato un coniglio di profilo: l’immagine ha previsto che la schiena arrotondata fosse in corrispondenza della G, che le zampette anteriori ben tese accogliessero la L e una bella carota in verticali davanti al coniglio la.
La parete dell’aula si è arricchita via via di cartelli significativi, catalizzatori dell’attenzione dei bambini, perché frutto di un loro esperienza concreta.
Conclusioni
Abbiamo potuto osservare che le attenzioni volte agli aspetti fonologici, integrati con le attività laboratoriali sulla forma delle lettere, hanno fornito agli alunni più fragili maggiore consapevolezza. Di fronte, ad esempio, ad un errore di scambio di grafema in scrittura (per es.: vino per fino), attraverso un feedback costruttivo, noi docenti abbiamo avuto la possibilità di orientare il bambino a ripercorrere l’esperienza laboratoriale vissuta (per esempio, riflettere sul tratto sonoro del fonema /v/ e sordo di /f/ avvertendo o meno la vibrazione delle corde vocali), per attivare una riflessione metacognitiva e l’autocorrezione.
Per quanto riguarda la fase ortografica, poi, abbiamo potuto osservare positivi feedback di ritorno, dove il bambino autonomamente ha cercato come punto di riferimento il cartello murale, per lui diventato incisivo data l’esperienza pittorica proposta, per una revisione dell’errore (per esempio, nel caso di omissione della I nella stringa SCI, il bambino tendeva ad autocorreggersi dicendo di aver dimenticato il bastoncino della scimmietta; nel caso, invece di inversione di grafemi – per es., CSI per SCI – consapevolmente affermava di avere posizionato in modo scorretto la coda della scimmietta, in maniera molto serena).
Il modus operandi del percorso di potenziamento ha favorito il possesso di strategie di controllo dell’errore adeguate all’età e aumentato il senso di autoefficacia in bambini, le cui fatiche avrebbero altrimenti minato l’autostima.
Tornando alla schematizzazione sopra riportata, quella relativa ai passi da compiere per “i casi sospetti”, sottolineo che i bimbi con serie problematiche non hanno, certamente, potuto risolvere le loro fatiche in breve tempo e solo tramite interventi didattici mirati, come quelli esposti. Laddove si è evidenziata la persistenza delle difficoltà, nonostante attività di recupero e potenziamento, si sono prontamente attivati tutti i passaggi successivi, come prevedono le Linee guida, verso una Valutazione dei casi da parte delle Asl di competenza.