Negli ultimi mesi ha fatto molto scalpore la notizia di una professoressa di scienze impallinata dai suoi studenti durante una lezione: la vicenda, documentata dall’immancabile video virale, ha saturato per settimane lo spazio mediatico con articoli, servizi, dichiarazioni e prese di posizione sul degrado della scuola, sulla fragilità degli studenti, sulla necessità – come sostiene la preside – di “ripristinare il patto educativo tra genitori e insegnanti per il bene dei ragazzi” (Il resto del Carlino, 24 gennaio 2023), e si è conclusa con le risentite parole della protagonista: “Mi hanno sparato in classe e sembra colpa mia. La preside mi ha tolto tre classi… Nessuna solidarietà dai colleghi e quella degli alunni somigliava a una condoglianza. I ragazzi sono superficiali, non li perdono” (da La Repubblica, febbraio 2023).
L’eco di quella vicenda si è riverberata a lungo sui social media e sui media tradizionali perché i dettagli e gli sviluppi successivi hanno lasciato sgomenti tutti quelli che hanno a cuore la formazione dei giovani e sollevano inquietanti domande sul ruolo formativo della scuola e sulla relazione tra i giovani e gli adulti.
Ma il fatto in sé non è totalmente nuovo o inaspettato perché episodi simili sono già accaduti, anche se, forse, è del tutto nuova la difesa ad oltranza dei piccoli delinquenti da parte dei genitori e si inserisce in un clima di aggressione violenta a istituzioni come la scuola e la sanità che hanno per missione la formazione e la cura.
La vicenda mi ha fatto ricordare Il pannello, un bel racconto che fa parte della raccolta In alto a sinistra di Erri De Luca che narra un lontano episodio di vita scolastica dell’autore, capace di offrire con la forza di un’esperienza autentica molte suggestioni anche ai giovani lettori di oggi. Il racconto solleva un groviglio di questioni che vanno dalla scuola degli anni Sessanta, alla relazione tra insegnanti e studenti, dalla solidarietà tra compagni a un confuso senso di giustizia. Ma, forse, il tema più interessante è la difesa omertosa di un sopruso in nome della solidarietà, cioè di un valore difeso ostinatamente dai ragazzi contro gli adulti. La lettura in classe di questo testo può anche offrire molte suggestioni per cogliere le somiglianze e le differenze tra la scuola di oggi e quella di quasi sessant’anni fa.
Erri De Luca ci trasporta a Napoli, in una classe di liceo sul finire degli anni 60 e ci offre uno spaccato della scuola all’alba del ‘68, proprio quando tra le pieghe della società italiana stava nascendo una rivoluzione sociale e culturale che in quel momento nessuno poteva lontanamente immaginare.
In breve la storia: in una classe tutta maschile arriva una giovane insegnante di matematica che accende immediatamente la fantasia di quei maschi adolescenti, tanto che alcuni di loro decidono di togliere il pannello frontale della cattedra per avere l’agio di ammirare le belle gambe della professoressa. Detto, fatto! E quando lei entra in classe, seguendo gli sguardi dei ragazzi, intuisce immediatamente che cos’era successo.
La reazione dell’autorità scolastica, preside e professori compresi, è immediata, drastica e senza appello: o vengono fatti i nomi degli autori della bravata o tutti gli studenti saranno rimandati a settembre. Per quegli anni quella punizione, che avrebbe potuto compromettere per sempre il loro futuro, era davvero molto pesante. Ma di fronte al ricatto nessuno di loro parla e l’intera classe si chiude in una caparbia difesa dei responsabili, subendone stoicamente le conseguenze. Si potrebbe pensare che questi ragazzi, rifiutando di piegarsi al diktat dell’autorità, avessero già una certa inconsapevole “coscienza di classe” e che anticipassero la rivoluzione culturale del ‘68. Tra i professori solo uno, il grande grecista La Magna, cerca un contatto e impartisce loro una lezione morale, suggerendo anche la strada per superare lo scontro tra professori e studenti. Il racconto si chiude con le scuse degli studenti alla professoressa e il ritorno alla normale routine scolastica.
Nella rievocazione della vicenda Erri De Luca sfuma progressivamente l’episodio del pannello portando in primo piano la figura del grande grecista che ha anche saputo essere un autentico maestro di vita. E lo fa con la forza suggestiva delle sue stesse parole, scrivendo una pagina di grande letteratura.
Gli anni di scuola rappresentano un’esperienza unica nella vita di adolescenti che non si sono scelti, che non sono amici ma compagni, ma che, raccolti in una stessa aula, percorrono un tratto comune della loro strada verso la maturità, spesso in conflitto, talvolta affascinati dalle personalità e dai valori degli adulti. Per questo, partendo da storie e fatti di scuola, Il pannello, come tanti altri racconti letterari, mette in scena i traumi, le esperienze e i percorsi degli adolescenti verso il mondo adulto. Testi come questo, con la forza suggestiva della narrazione, smuovono la sensibilità dei ragazzi e sono una grande risorsa nelle mani dell’insegnante per farli riflettere su questioni essenziali: la voglia di trasgressione, la solidarietà tra pari, il conflitto con l’autorità, il fascino di un maestro di vita.
Ma nel caso de Il pannello un tema su tutti viene richiamato esplicitamente dal professore di greco: la relatività dei valori come la solidarietà che, assolutizzata dai ragazzi, può trasformarsi in atteggiamenti estremamente negativi come l’omertà.
Ho voluto proporre Il pannello ad una 5ª classe delle superiori: dopo una fase di approfondimento e di discussione, ho chiesto di riscrivere il testo cambiando il genere testuale; gli studenti dovevano scrivere a nome di tutta la classe una lettera al preside per convincerlo a togliere la punizione, scegliendo le strategie, i contenuti e le argomentazioni che ritenessero più opportuni. Le lettere hanno evidenziato la loro difficoltà di scrivere un testo coerente e convincente.
Di fronte all’impossibilità di trovare una sintesi tra la condanna del gesto, la difesa della solidarietà, l’ingiustizia della punizione, il pentimento e le scuse, ho capito che il problema di fondo degli adolescenti è quello di far convivere tra loro valori e ideali che alimentano la loro esistenza e che loro tendono ad assolutizzare. Ma nella vita reale spesso entrano in conflitto e il passaggio verso il mondo adulto può essere visto da molti di loro come “la fine delle illusioni” e la morte degli ideali.
Rileggendo il testo di Erri De Luca emerge con forza il dilemma etico e morale, cioè il conflitto che spesso si genera tra valori con lo stesso rango d’importanza: in questo caso la solidarietà tra compagni e la condanna di un sopruso. Il professor La Magna è consapevole che non potrà mai convincere i suoi studenti a denunciare i loro compagni ma apre loro una prospettiva nuova dalla quale considerare quanto era accaduto. Questa è la sua grande lezione morale.
Di fronte a storiacce di vita scolastica come quella del pannello o dei pallini sparati alla professoressa, la prima reazione degli adulti è una condanna senza appello, accompagnata dall’immancabile laudatio temporis acti. Tuttavia il professore di greco ci suggerisce il modello di relazione con gli adolescenti: grande autorevolezza morale e professionale, empatia e capacità di dialogo.
Ivana Messina legge Il pannello di Erri De Luca: