Recensione a Cristiana De Santis, La sintassi della frase semplice, Bologna, Il Mulino, 2021
Dopo ben quattro grammatiche scritte assieme ai suoi maestri, Francesco Sabatini e Michele Prandi, finalmente Cristiana De Santis, che insegna Linguistica e Didattica dell’Italiano all’Università di Bologna e cura il notissimo blog https://valenziale.blogspot.com/, esce con una grammatica tutta sua, in cui, pur nutrendosi delle precedenti esperienze, ci offre una trattazione nuova. Seria e fondata, ma nello stesso tempo chiara e leggera.
Il libro, di sole 200 pagine in piccolo formato, inaugura la nuova serie del Mulino Le strutture dell’italiano contemporaneo, diretta da Paolo D’Achille autore del celebre L’italiano contemporaneo. La serie si propone infatti di approfondire − per ora attraverso quattro volumi − aspetti dell’italiano di oggi, con attenzione all’analisi concreta dei dati e con un approccio descrittivo e sincronico. De Santis analizza quindi la frase semplice partendo dalla prospettiva del modello valenziale, che ha abbracciato fin dalle grammatiche scolastiche realizzate con Sabatini e Camodeca (2011 e 2014) e che ha poi felicemente condensato nella bussola Carocci del 2016; l’autrice si apre però anche ad altri filoni di studio, come quello della grammatica generativa e della linguistica dei corpora: tutti gli esempi riportati, ad esempio, sono tratti da corpora dell’italiano di oggi.
Le parole nella frase
Il manualetto non è dedicato specificatamente agli insegnanti (come invece De Santis, Prandi 2020), quanto piuttosto agli studenti universitari e a quanti sentano il bisogno di rivedere le proprie conoscenze grammaticali. Tra di essi però si possono collocare molti docenti che non hanno avuto occasione di fare recentemente esami o corsi di Linguistica. Mentre infatti a scuola, in genere, ci è stata imposta la prospettiva della parola singola (articolo, sostantivo, aggettivo…), qui si adotta l’impostazione sintattica, privilegiata dalla Linguistica moderna, e incentrata proprio sulla frase. L’autrice parte dunque dalla metafora di Tesnière secondo cui la parola isolata dalla frase sarebbe come un pesce fuor d’acqua, per mettere al centro della trattazione la frase, “vista non come una semplice concatenazione lineare di parole, ma come combinazione lineare di parole governate da rapporti gerarchici che determinano il significato complessivo dell’insieme all’interno del quale le singole parole rimangono inerti, prive di vita” (pp. 14-15). Alla metafora della parola-pesce che nuota nel mare-frase, De Santis aggiunge quella, di sabatiniana memoria, della bicicletta, rappresentandola attraverso la splendida fotografia di Robert Doisneau da lei riscoperta: le parole prese isolatamente non hanno senso se non le vediamo prima assemblate in quel marchingegno complesso che è appunto la frase. È imparando ad accostarle in modo efficace che la nostra lingua potrà precedere come “un veicolo leggero e veloce” (p. 15).
Quale italiano?
Al centro della trattazione, vi è la sintassi della lingua scritta, benché vi siano poi molteplici aperture alla dimensione del parlato colloquiale, specie per i tratti che stanno risalendo verso lo scritto (si vedano le ridondanze pronominali del tipo a me mi, il dativo esteso del tipo mi hai mangiato i biscotti p. 84, l’aumento dei verbi protocomplementari come fregarsene, farcela ecc.), ma anche agli italiani regionali (ad es. I tipi «Senti a me» e «Scendi le valigie», sull’accusativo preposizionale, p. 77-78). Spesso tali strutture, più peculiari, vengono presentate all’interno dei quadri che arricchiscono ogni capitolo, destinati a rapidi approfondimenti sui fenomeni dell’italiano di oggi, ma anche ad offrire piccole finestre su discipline affini, come la pragmatica (Gli atti linguistici, p. 34) o la storia della lingua (es. Il pronome soggetto nella storia dell’italiano, p. 71). Altri quadri invece hanno lo scopo di chiarire concetti che dovrebbero essere noti a tutti, ma spesso risultano problematici, come quello di diatesi (5.5), o ancora esaminano punti critici della grammatica tradizionale (si vedano ad es. «Volere» non è «Potere», p. 115 e «Sembrare» non è «Essere», p. 134).
La struttura del volume
I sette capitoli che compongono il volume sono i seguenti: I. Che cos’è la sintassi; II. Che cos’è la frase; III. La frase nucleare, IV. Il gruppo del nome, V. Il gruppo del verbo, VI. La periferia della frase; VII. Tipi e forme di frasi.
Il nucleo ed elementi di morfologia
Se la sintassi è al centro, non manca lo spazio per la morfologia (per la quale non è previsto un volume a sé). Dopo il capitolo sulla frase nucleare (costituita dal verbo e i suoi argomenti), che sostituisce l’equivoco concetto di frase minima (cfr. pp. 52-53), infatti, vengono approfonditi il gruppo (o sintagma) nominale, costituito dal nome testa + i suoi determinanti (articoli, ma anche aggettivi dimostrativi, indefiniti e numerali) e i modificatori (aggettivi, altri nomi come specificazioni e apposizioni, frasi relative) e il gruppo del verbo, trattato in modo particolarmente innovativo rispetto alle grammatiche tradizionali. Oltre alla fondamentale distinzione dei verbi in base alla loro valenza, De Santis infatti introduce altre distinzioni forse ignote ai profani, ma ormai entrate da tempo nella linguistica come quella che suddivide i verbi non transitivi in inaccusativi e inergativi; o la distinzione tra telici, durativi… che si rifà all’aktionsart o azione verbale. Potrebbero sembrare categorie superflue per i non specialisti, ma non lo sono affatto perché aiutano a capire fenomeni in genere trascurati dalle grammatiche ma fondamentali per l’acquisizione di L1 e L2. Perché ad esempio, si può domandare uno studente straniero mentre i verbi transitivi hanno sempre l’ausiliare avere, i verbi intransitivi possono avere l’ausiliare essere o avere? Proprio perché essi appartengono a due distinte tipologie di verbi non transitivi; è possibile poi semplificare la distinzione per gli studenti, ma è importante che l’insegnante possa dare una risposta esauriente, sapendo che la variazione dell’ausiliare è legata alle diverse categorie a cui appartengono i verbi intransitivi.
Il metalinguaggio
L’utilizzo della terminologia tecnica non deve spaventare: De Santis si avvale infatti di un metalinguaggio allo stesso tempo rigoroso e chiaro. Data per nota solo la terminologia grammaticale di base, tutti i termini più tecnici, sia che vengano dalla tradizione (sintassi, diatesi…), sia che siano stati introdotti dalla linguistica moderna (processo, valenza, deissi, clitici, verbi supporto), vengono spiegati e presentati in contesto. Talvolta però De Santis si discosta da termini innovativi ma meno noti come margine (adottato invece nelle grammatiche scritte con Prandi), preferendo il più trasparente e conosciuto periferia.
La periferia
Molto interessante risulta la trattazione della periferia della frase (cap. 6), che recupera e mette ancora meglio a fuoco concetti elaborati nelle grammatiche scritte con Michele Prandi e che in classe mettono talvolta in crisi gli studenti, i quali fanno fatica a distinguere quali siano gli elementi nucleari, sentendo intuitivamente che alcune espressioni sono più strettamente legate al verbo di altre. Ci sono infatti alcuni sintagmi che si legano direttamente al verbo o al predicato, rispetto ad altri che si staccano più facilmente. In frasi come Paolo pota le rose con scrupolo (modificatore del verbo) o con il giardiniere (margine interno, che si lega al predicato) i sintagmi sottolineati, infatti, sono diversi da Paolo pota le rose con la bella stagione, dove il sintagma finale si aggiunge all’intera frase e si può spostare più facilmente. Lascio all’autrice l’onere della spiegazione (ivi, pp. 145-48), ma non taccio che con un gruppetto di insegnanti, all’interno del Giscel Veneto, stiamo cercando di formulare delle proposte didattiche su questi concetti teorici, che ci appaiono promettenti e spendibili nelle nostre classi. Il volumetto quindi può essere anche un efficace ponte tra studi più teorici (come il Manuale di linguistica italiana del 2019 di Prandi, De Santis) e la pratica didattica concreta.
Il capitolo VII infine si sofferma rapidamente sulle frasi marcate, che cambiano lo scopo comunicativo (negazioni, domande, esclamazioni), la prospettiva comunicativa (frasi segmentate come la dislocazione a sinistra di Questo capitolo lo finirò domani o frasi scisse È domani che finirò questo capitolo) e infine il registro, in un paragrafo che presenta fenomeni informali come il che polivalente o − al contrario − decisamente formali come l’enclisi pronominale in trattasi, concessogli…).
Gli esercizi, o meglio le attività
Meritano infine una menzione a sé gli esercizi che concludono ogni capitolo: l’autrice preferisce chiamarli attività, perché si tratta di proposte che spesso non hanno soluzione univoca, ma si prestano a diverse possibilità o spingono ad ulteriori riflessioni o all’esplorazione del vocabolario, come suggeriscono le intelligenti chiavi, interne al volumetto.
Per concludere, questo volumetto sembrerebbe essere lo strumento che fino ad oggi mancava, per consolidare ed aggiornare il bagaglio linguistico degli insegnanti di italiano e degli studenti che volessero avventurarsi in questa strada.
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