«Chi è l’autore del quadro?» chiede il professore di educazione artistica ad uno studente.
“Pelliccia da Volpago” risponde questi, tra le risate della classe. L’insegnante è tentato di ridere anche lui, ma si trattiene perché capisce che il poveretto è caduto in un tranello percettivo e cognitivo, lo stesso tranello in cui siete caduti voi che quasi certamente avete letto “Pellizza da Volpedo”. Infatti voi avete letto il nome del pittore perché, attraverso una decodifica errata, avete corretto automaticamente l’errore della didascalia per dare un senso alle parole. Il nostro studente, che non conosce il pittore, ha cercato di dare un senso plausibile ad un nome particolarmente insolito, leggendo “Volpago”, cioè il nome di un paese delle vicinanze che lui ben conosce.
Errori di questo tipo sono occasioni preziose per scoprire i nostri processi mentali, di cui non siamo quasi mai consapevoli, ma che ci permettono di decodificare in modo corretto e veloce un testo scritto. Questi errori si manifestano con più frequenza nelle prime fasi di apprendimento della lettura e sono piuttosto insidiosi perché si possono confondere con errori di decodifica da imputare alla dislessia. Quando legge il bambino mette in connessione il sistema visivo con le aree del linguaggio e, durante la decodifica (o lettura strumentale), la parola scritta viene rapidamente confrontata con i concetti depositati in memoria attraverso due processi: bottom up (dalla stringa di parole Pellizza da Volpedo 🡪 al concetto quel pittore) e top down (dal concetto quel pittore 🡪 alla stringa di parole Pellizza da Volpedo). Il confronto si chiude quando la soluzione è ritenuta soddisfacente. In caso contrario, quando non c’è coincidenza, si apre un processo di problem solving per dirimere il conflitto tra il segno ( “Volpedo”) e il concetto noto depositato in memoria (“Volpago”). Quando, però, il lettore incontra per la prima volta un nome proprio come in questo caso, si trova di fronte ad una tipica situazione di difficoltà di decodifica.
Allora il lettore torna indietro, rilegge con più attenzione il testo e si pone il problema del significato. Questo monitoraggio richiede un grande impegno di risorse cognitive che rallenta la velocità di esecuzione; tuttavia con l’esperienza il lettore automatizza il processo perché si affida sempre più alla probabilità che ad un segno corrisponda un determinato significato, anche a scapito dell’accuratezza. Ma una decodifica automatizzata si libera importanti risorse cognitive per altri, più raffinati processi.
Stimoli sensoriali e attenzione
Cosa può fare l’insegnante di fronte al potenziale conflitto tra velocità ed accuratezza di decodifica?
La lettura di un testo, di una frase, di una parola, al pari di ogni altro stimolo fisico, mentale o emotivo, chiama in causa una complessa rete di sistemi sensoriali attraverso i quali l’individuo interagisce con l’ambiente. Questa rete filtra gli stimoli e pianifica le risposte. Per questo non tutti gli stimoli raggiungono allo stesso modo il sistema cognitivo che ha capacità limitate e deve reagire nel tempo più breve. Infatti gli stimoli sensoriali sono filtrati dall’attenzione, cioè da un sistema di controllo che concentra le limitate risorse su un ristretto numero di stimoli, selezionati all’interno dell’immensa quantità di informazioni presenti nell’ambiente.
L’attenzione ha quindi un ruolo fondamentale anche nella decodifica e nella comprensione del testo: solo pochi stimoli possono raggiungere il sistema cognitivo, mentre gli altri sono bloccati dal focus attenzionale, che in alcuni casi può determinare addirittura il fenomeno della “cecità da disattenzione”. Il focus può essere esogeno, cioè concentrato su uno stimolo che si impone all’attenzione senza che il soggetto lo abbia deciso, oppure endogeno, cioè diretto su uno stimolo selezionato e mantenuto dall’individuo in seguito ad una decisione consapevole. Nel caso della lettura stimoli esterni possono interferire con il focus endogeno e compromettere il compito.
Che ruolo ha l’attenzione nella lettura?
La questione è molto interessante ma ha un rilievo speciale nella fase in cui il bambino, dopo aver appreso il meccanismo della decodifica fonologica, affina e velocizza la lettura.
Cerchiamo di rispondere simulando un compito di lettura: quando il lettore si avvicina ad un testo, attiva immediatamente un set di immagini e concetti, di domande e di parole e si predispone al compito anticipando il contenuto e alimentando le sue aspettative sull’argomento. Perciò, in questa fase, è di cruciale importanza per il successo del compito, il risveglio e l’eccitazione dell’attenzione. Il fenomeno, noto in neuropsicologia come arousal, coinvolge il sistema nervoso centrale e periferico e genera una condizione di allerta sensoriale che predispone all’esecuzione del compito.
Inoltre il lettore deve dirigere il focus sul testo da leggere, esercitando l’attenzione selettiva per inibire gli stimoli che possono interferire. Il testo si presenta ai suoi occhi come un flusso continuo di stimoli visivi sui quali opera la decodifica e l’elaborazione del significato delle parole e delle frasi. Si sviluppano così molteplici processi, perlopiù automatici, che procedono contemporaneamente e che impiegano molte risorse: l’accesso fonologico, l’accesso semantico, l’accesso sintattico, l’elaborazione concettuale. Il lettore è costretto, perciò, a dividere il focus, volontario o involontario, su più fronti contemporaneamente. In questo caso si parla di attenzione divisa che rappresenta una condizione particolarmente critica.
Infine, seguendo il flusso lineare del testo, il compito di lettura si sviluppa nel tempo e richiede, quindi, un’attenzione sostenuta che rappresenta un’altra abilità specifica, particolarmente complessa da apprendere e da esercitare.
L’attenzione è affiancata anche da un altro processo che entra in gioco in compiti complessi e prolungati come la lettura di un testo: procedendo lungo il testo il lettore incontra parole sempre nuove, che possono però essere anticipate con un certo grado di probabilità, come avviene nei sistemi di scrittura assistiti dall’ intelligenza artificiale. La prevedibilità di certe parole o concetti alleggerisce il compito del lettore, ma può celare molte altre insidie. Infatti durante la lettura, il sistema di attenzione che valuta accuratamente gli stimoli, come ad esempio la forma esatta della parola, si intreccia con il sistema cognitivo che valuta invece la probabilità di incontrare una parola rispetto ad un’altra. Quest’ultimo meccanismo top down potrebbe bloccare l’elaborazione della parola selezionando subito quella più probabile, come dimostra il seguente esempio, tratto da un testo di U. Eco: “… [Bayard] pensa che ogni lettore esegue un testo a modo proprio.“ La frase, contenuta nella Bustina “Chi ha ucciso il mastino di Baskerville”, è stata proposta a studenti universitari del 1° anno: alcuni di loro hanno trasformato l’espressione “eseguire un testo” in “seguire un testo”. In effetti il verbo eseguire è molto insolito in questo contesto; perciò, di fronte al problema rappresentato dall’espressione “eseguire un testo”, hanno bloccato il riconoscimento dello stimolo non pertinente e hanno letto “seguire un testo”; l’espressione è certamente più plausibile, ma non è giustificata.
Per comprendere la frase il lettore dovrebbe invece arrestare la lettura e chiedersi perché l’autore usi proprio quella parola, aprendo così un processo di problem solving.
Come dimostra questo esempio e quello iniziale di Pellizza da Volpedo, l’errore di lettura è in primo luogo un errore di decodifica, ma molte volte è determinato dai complessi meccanismi di controllo dei processi cognitivi.
Come aiutare i piccoli lettori a diventare “esperti” ?
La scuola, se vuole formare dei lettori esperti, deve affrontare anche i meccanismi di attenzione e di controllo nella lettura. Com’è noto l’attenzione, che pure è una facoltà innata, può essere addestrata; ma per richiamare il focus attenzionale non basta ripetere ogni tanto: «Attenti, bambini!»; è necessario invece adottare strategie più efficaci.
Quando la lettura è solo un’imposizione esterna, il bambino sarà facilmente sopraffatto dall’abnorme massa di stimoli concorrenti e la comprensione sarà fatalmente compromessa. Ma se invece la lettura nasce da una forte motivazione interna, l’attenzione sarà diretta dal bambino stesso (attenzione endogena) e per lui sarà molto più facile mantenere il focus attenzionale. Sostenere la motivazione è quindi la prima e fondamentale strategia.
È importante, inoltre, attivare l’arousal attentivo formulando domande e sviluppando inferenze anticipatorie sul testo, a partire dal titolo o da altri elementi. In particolare la formulazione di domande sul tema (problem setting) è una strategia molto potente per risvegliare gli interessi e le aspettative sul compito da affrontare.
Inoltre la lettura è un processo che, come abbiamo visto, si prolunga nel tempo e richiede un’attenzione sostenuta; nei bambini tuttavia decade molto rapidamente. Per questo è necessario allenare la mente a sostenere l’attenzione per un tempo sempre più lungo: potenziare questa abilità può, infatti , diventare un fattore determinante nella comprensione del testo.
Infine il lettore è chiamato a svolgere più compiti nello stesso momento ed è costretto a dividere le sue limitate risorse cognitive su più fronti, spesso con conseguenze sulla comprensione. In questo caso si parla di attenzione divisa. Per affrontare il problema si possono invitare i piccoli lettori a ritornare spesso sul testo per una verifica più accurata e a formulare domande nel corso della lettura per interrompere l’automatismo dei processi. In questo modo il processo di comprensione è posto sotto il controllo del sistema cognitivo.
Anche i testi misti, cioè quelli arricchiti da illustrazioni, tabelle, grafici e altri elementi di paratesto, possono creare la condizione critica dell’attenzione divisa, nella quale il lettore è costretto a inseguire più stimoli.
Per affrontare questi testi è necessario sviluppare un’adeguata strategia di lettura con attività mirate. Scrive Dehaene nel volume Imparare:” L’attenzione è la porta d’ingresso dell’apprendimento: in pratica, nessuna informazione sarà memorizzata se non è stata precedentemente amplificata dall’attenzione e dalla consapevolezza. A scuola diventiamo capaci di catturare l’attenzione dei nostri allievi e di guidarli al livello appropriato. Ciò implica rimuovere accuratamente ogni forte di distrazione: libri di testo sovra-illustrati, classi troppo decorate, lettere o cifre distorte o animate da personaggi sono solo una distrazione per il bambino e gli impediscono di concentrarsi.”
Le riflessioni fin qui condotte non rappresentano di certo una novità assoluta per i docenti che hanno sempre intuito il ruolo importante dell’attenzione nei processi di apprendimento. Ma ora le neuroscienze ci offrono una descrizione più accurata e scientifica dei processi implicati nella lettura e ci indicano un percorso per lo sviluppo dell’attenzione.
Per approfondire
A. MARINI (2016), Che cosa sono le scienze cognitive, (pag. 103) Carocci, Roma.